Venerdi, 29 marzo 2024 - ORE:06:14

Perché dormiamo? Viaggio alla scoperta delle funzioni del sonno

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Dolce dormire, ma perché dormiamo?

Il sonno è un’attività che tutti noi svolgiamo quotidianamente, spesso con piacere, e, quando il tempo e gli impegni lo permettono, ci concediamo talora un pisolino dopo pranzo. Dormire è fondamentale affinché riusciamo a superare le sfide che la vita ogni giorno ci pone davanti, e, se la notte non dormiamo bene o a sufficienza, difficilmente al nostro risveglio ci sentiremo pronti ad affrontare la giornata che ci aspetta, alla fine della quale dormire più volentieri e soprattutto in modo più sostanzioso.

Ma per quale motivo avvertiamo ogni giorno la necessità di dormire? Dipende unicamente dal fatto che affrontiamo impegni quotidiani stressanti oppure il sonno è un’attività imprescindibile per la sopravvivenza, in quanto assolve e permette funzioni tanto inconsce quanto importanti? La Natura pare suggerirci la seconda opzione, in quanto non esiste, nel regno animale, una sola specie che non dorma con una cadenza precisa: questa ritmicità può variare da specie a specie e anche da individuo ad individuo, addirittura cambia a seconda delle fasi della vita dell’individuo stesso, ma è sempre, costantemente presente.

Che cosa è il sonno?

In termini strettamente tecnici, si definisce il sonno come quello stato di relativa inattività in cui ci rilassiamo, durante il quale si alza la soglia di risposta nei confronti di stimolazioni che ci giungono dall’esterno. Si distingue dal coma, dall’anestesia e dalla morte, pur condividendone aspetti in comune, in quanto è uno stato reversibile ( a differenza della morte ) nel breve periodo – diversamente dal coma -, senza che siano necessari interventi dall’esterno affinché ci svegliamo – differentemente dall’anestesia -. La necessità di dormire, inoltre, è regolata in maniera omeostatica, ovvero tende ad aumentare tanto di più quanto è maggiore il numero delle ore che rimaniamo svegli: l’organismo, in ultima analisi, risponde ad una giornata particolarmente impegnativa incrementando la qualità del sonno; in altre parole, quando siamo più stanchi non dormiamo un maggior numero di ore, ma semplicemente dormiamo più “ sodo “, più intensamente.

Un sonno, molteplici stadi

Moltissimi nomi illustri della neurobiologia, della neurofisiologia e della medicina neurologica si sono avvicendati sul palcoscenico dello studio di questa funzione misteriosa ed affascinante, fra cui spiccano gli italiani Giuseppe Moruzzi (noto per gli studi sulla formazione reticolare insieme a Horace Magoun ) e Rita Levi Montalcini, fino a giungere ai giorni nostri, in cui le potenzialità della tecnologia ci permettono di indagare ancora più a fondo e con maggior precisione tutti i processi che compongono il sonno; ancora oggi vari gruppi di ricerca italiani continuano a proporre esperimenti e teorie che elegantemente approfondiscono e fanno chiarezza sul sonno e sul suo ruolo biologico.

Monitorare l’attività celebrale nel sonno con la EEG

Ad oggi il sonno è un’attività fisiologica codificata per stadi, ovvero per fasi che si attraversano, anche più di una volta durante una singola notte, mentre dormiamo. Sono processi di cui non ci accorgiamo, ma che possono essere indagati dall’esterno con una tecnologia ormai assodata e raffinata nel tempo, applicabile senza alcun tipo di invasività anche direttamente sull’uomo: l’elettroencefalografia ( o EEG ) di superficie. In pratica vengono applicati sulla cute della testa – o scalpo – del soggetto una serie di elettrodi ( questi variano in numero, si va da una ventina a 256 canali per l’elettroencefalografia ad alta definizione ), i quali registrano l’attività elettrica delle cellule neuronali della corteccia cerebrale. Il cervello non è mai un organo silente, nemmeno quando dormiamo. E’ proprio questo particolare che ha incuriosito e spinto alla ricerca e all’indagine della funzione del sonno moltissimi neuroscienziati di ieri e di oggi.
Da un’analisi elettroencefalografica del sonno e della veglia di un soggetto emerge che i neuroni corticali tendono ad essere maggiormente sincroni nella loro attività elettrica mentre dormiamo piuttosto che quando siamo svegli: durante il sonno, una maggiore attività sincrona darà onde sul tracciato EEG di maggiore ampiezza e minore frequenza. E’ come se i neuroni, sebbene non attivati elettricamente come quando siamo svegli, continuassero a parlare, anzi a bisbigliare tra loro, coordinando maggiormente le loro attività di scarica elettrica.

sonno

Le fasi del sonno

Queste attività sincrone – che curiosamente si ritrovano esasperate nei pazienti epilettici – sono state fatte corrispondere a stadi precisi, che si raggruppano in due grandi fasi, distinte per frequenza di scarica, tipo di tracciato elettroencefalografico ed ampiezza delle onde:

Fase non REM ( o NREM o SWS – Slow Wave Sleep –): è la fase che predomina nella prima metà della notte, in cui, quando sogniamo, facciamo sogni più razionali e meno fantasiosi. Può capitare di svegliarsi durante queste fasi e di non averne memoria.
Fase REM (sigla che sta per Rapid Eye Movement): è uno stadio che prevale nella seconda parte della notte, ed è associato, come suggerisce il nome, a velocissimi movimenti degli occhi – registrabili con appositi strumenti –; i sogni fatti in fase REM sono i più coloriti, sia dal punto di vista della coloritura emotiva sia dal punto di vista del coinvolgimento, maggiore rispetto alla fase NREM proprio per i sentimenti che emergono di più in questo stadio.

Il sonno nello sviluppo dell’individuo

E’ stato confermato che la quantità di ore che dedichiamo al sonno ha un andamento parabolico durante la nostra vita: essa è infatti maggiore alla nascita e in vecchiaia – età in cui è comune il sonno bifasico, ovvero quello che prevede il pisolino pomeridiano – rispetto all’età adulta di mezzo.
Inoltre anche la proporzione fra sonno SWS e sonno REM non è la stessa durante lo sviluppo individuale: molteplici studi hanno osservato che i neonati dormono per molto tempo in fase REM, devolvendo poi parte di queste ore, durante la crescita, al sonno SWS e alla veglia.

Le funzioni del sonno

In contrasto con le teorie che definiscono il sonno come un mero time filler impostato in un periodo a noi comodo, mediante il quale cerchiamo di sprecare meno energie possibile durante una fase della giornata in cui di solito non abbiamo nulla da fare, molti studi di neurofisiologia hanno proposto ed oggi confermato – con moderne teconologie di microscopia a fluorescenza e tomografia SPECT – una serie di essenziali funzioni svolte dal sonno, che si dimostra quindi un elemento imprescindibile per la nostra sopravvivenza: il sonno, innanzitutto, è un importante segnatempo (Zeitgeber) per la regolazione della secrezione di determinati ormoni; resta ancora aperto il dibattito su cosa faccia da Zeitgeber al sonno, al di là della luce. Oltre a permettere il recupero energetico e la ricreazione di molte delle molecole essenziali per il nostro metabolismo (teoria dell’energy restoring), il sonno permette di allontanare molto efficacemente i prodotti di scarto del catabolismo dei neuroni corticali, fra cui la sostanza ritenuta responsabile del progressivo peggioramento della demenza senile nella malattia di Alzheimer, la proteina beta-amiloide: la capacità diffusionale delle sostanze di scarto all’interno del sistema nervoso centrale è molto più elevata quando si dorme, quindi le molecole dannose o indesiderate vengono allontanate più facilmente, prevenendone eventuali accumuli.

sinapsi(Qui illustrata graficamente la sinapsi)

Un’altra interessante ipotesi, oltre a quelle dell’energy restoring e della metabolic clearance, è quella della omeostasi sinaptica, o SHY: secondo questo modello, durante la veglia, attraverso le nostre azioni, emozioni e pensieri, creiamo nuovi contatti sinaptici fra neuroni o rafforziamo quelli già esistenti. Durante la notte, mentre dormiamo, il cervello opera una “potatura“ delle sinapsi meno usate, alleggerendo, per così dire, la corteccia da quelle sinapsi che sono state usate poco oppure per niente durante la giornata. Questa teoria rende atto di un’importante caratteristica propria del nostro sistema nervoso, ovvero l’inesauribile capacità mnestica di cui esso è dotato. E’ grazie a questa selezione e sfoltimento di sinapsi se, in ultima analisi, siamo in grado di continuare ad apprendere per tutta la nostra vita: se non si finisce mai di imparare, è perché, mentre dormiamo, mettiamo in atto una sorta di funzione di defrag analoga a quella dei più moderni personal computer.

Collegata a questa ipotesi vi è un altro modello, che conferma quanto già affermato nella SHY con esperimenti condotti su topi posti in labirinti, mai visti prima dalle cavie, che essi devono esplorare: da questi studi è emerso che i topi i quali, dopo il tentativo di esecuzione di un compito all’interno del labirinto, hanno dormito prima di ripetere il tentativo di esecuzione del solito task all’interno dello stesso labirinto, sono molto più efficienti nello svolgimento del task rispetto al gruppo di controllo dei topi deprivati di sonno. Un’analisi del flusso di informazioni attraverso le loro cortecce cerebrali ha messo in evidenza che durante la prima esplorazione l’informazione si sposta dalle cortecce deputate alla computazione dell’informazione sensoriale alla formazione dell’ippocampo; durante il sonno il flusso si inverte e, a velocità molto più elevata, il pattern di attivazione delle cellule delle cortecce attivate durante la veglia viene imposto nuovamente agli stessi esatti neuroni corticali, stavolta stimolati dall’ippocampo, il quale aveva ritenuto l’informazione in ingresso durante la veglia. Questa sorta di replay imposto dall’ippocampo pare necessario per il consolidamento di questo tipo di memoria.

Chicche curiose

E’ stato osservato che certi uccelli migratori, durante le loro lunghe traversate da Nord a Sud e viceversa, cadono in uno stato di sonno corticale ( ovvero dei soli neuroni cerebrali ) che riguarda solamente un emisfero: non è un caso che essi viaggino in formazione a V, in quanto l’emisfero che analizza la parte interna della V viene “ messo a dormire “, mentre quello che computa la presenza di eventuali ostacoli o pericoli viene mantenuto attivo. Ad intervalli regolari gli uccelli si scambiano di lato per far riposare anche l’altro emisfero cerebrale, e a turno occupano la punta della V, unico punto che richiede entrambi gli emisferi svegli.

Pare che anche i delfini dormano in questo modo: talora è stata registrata un’attività corticale di sonno uniemisferico dal loro cervello.

Molti personaggi artistici e scientifici sostengono di aver avuto l’ispirazione per alcune delle loro opere o scoperte proprio durante il sonno: ne sono esempi Kekulé con la struttura dell’anello benzenico, Otto Loewi con l’acetilcolina rilasciata dal vago e la sinapsi chimica, Mendeleev e la tavola periodica degli elementi.



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