Giovedi, 25 aprile 2024 - ORE:00:36

Dai ghiacci siberiani emerge il virus gigante Pithovirus sibericum

virus gigante

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Si chiama Pithovirus sibericum ed è un nuovo, inaspettato ospite che si aggiunge al nutrito insieme di famiglie di virus noti all’uomo dall’inizio della classificazione sistematica di queste entità biologiche al confine della vita e della biologia, che si riproducono sfruttando altre cellule per utilizzare ciò di cui non dispongono per il solo apparente scopo di replicarsi ancora ed ancora, non di rado arrecando patologie, all’uomo come agli altri animali o alle piante.

I Virus non si vedono al microscopio, ma quello scoperto da Legendre e Bartoli è l’eccezione che conferma la regola: il virus gigante

I virus, convenzionalmente, sono aggregati di molecole di acidi nucleici, DNA o RNA a seconda che siano rispettivamente deossiribovirus e ribovirus, e di proteine, atte a rivestire e proteggere il genoma con cui infetteranno la cellula ospite oppure a permetterne la replicazione, spesso risultando indispensabili per farla cominciare a tutti gli effetti, ponendo le basi per consentire al virus di asservire la cellula parassitata ai propri scopi riproduttivi. Che si tratti di un deossiribovirus o di un ribovirus, i virus non si vedono mai al microscopio ottico, che ha una risoluzione che non scende sotto il micrometro (o micron, pari ad un millesimo di millimetro ): è necessario infatti sfruttare altri tipi di microscopia, come quella elettronica a trasmissione (tecnologia TEM), che risolvono distanze mille volte più piccole del micron, ovvero nanometriche. Proprio per questo motivo, la sorpresa di Matthieu Legendre, Julia Bartoli e il loro team di ricerca, analizzando lo stato del viroma – l’insieme di virus che ritroviamo in un dato ambiente o popolazione di animali o piante – del permafrost in Siberia, è stata grande quando, osservando campioni ricavati da ghiacci di 34000 anni fa, sono stati isolati dei virus di dimensioni talmente rilevanti da superare il micrometro. Si tratta di una scoperta singolare nel mondo della virologia, ma non unica: sebbene altri virus “giganti” siano stati già isolati negli ultimi quindici anni, il Pithovirus ha caratteristiche tutte particolari. I virus giganti precedentemente scoperti sono stati collocati tassonomicamente in quelle che sono le famiglie delle Megavirideae e delle Pandoravirideae, dal nome che sottolinea in un caso le loro peculiari dimensioni e che, nell’altro, sottintende un certo timore nutrito nei confronti di questi virus atipici, per i quali generalmente si attivano subito i centri operativi di monitoraggio di eventuali epidemie di virus nuovi, come accadde nel 2003 per il virus della SARS (Severe Acute Respiratory Syndrome ).

Un po’ per le analogie dimensionali con le Pandoravirideae, un po’ per la paura che comunque instilla questo nuovo virus emerso dai ghiacci, anche il Pithovirus contiene riferimenti, nel suo nome, al mito di Pandora, riallacciandovisi con il prefisso di origine greca pithos, che ricorda proprio l’anfora donata dagli dei alla stessa Pandora, che, scoperchiandola, liberò dal suo interno tutti i mali che affliggono l’uomo.

Le caratteristiche del Pithovirus sibericum

Il Pithovirus sibericum, così come emerge dall’articolo presentato da Legendre e colleghi su PNAS ( Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America ), presenta caratteristiche peculiari, che non ne permettono la classificazione all’interno delle Megavirideae né delle Pandoravirideae, sebbene ad esso ci si riferisca talvolta come particella pandora-simile ( Pandora-like particle ). Le dimensioni del Pithovirus, sorprendentemente grandi, si aggirano intorno a 1.5 micrometri, codificando un genoma stranamente piccolo se relazionato alle dimensioni ( 600000 coppie di basi contro il milione e mezzo di coppie di basi dei Megavirus o i quasi tre milioni dei Pandoravirus ). In ogni caso, questi virus giganti codificano tutti un numero di proteine a partire dal loro genoma molto maggiore rispetto alle altre specie virali, che arrivano a sintetizzarne tre o quattro invece delle 2500 delle Pandoravirideae.

Le domande che il mondo scientifico, animato dalla curiosità e sorpreso dalla peculiarità della scoperta, si pone sono sostanzialmente due: qual è il significato biologico dei virus giganti? E, soprattutto, possono questi virus rappresentare una minaccia per l’uomo? Al momento nessuno di questi quesiti ha trovato risposta, tuttavia sono state avanzate delle ipotesi e sono già stati condotti degli accertamenti sul potenziale infettivo di questi agenti virali: nel caso del Pithovirus sibericum, questo sembra capace, nonostante i 34000 anni di inattività, di infettare alcune amebe. Da infettare le amebe ad infettare l’uomo il passo è decisamente molto lungo, ma questo non può rassicurarci completamente: innanzitutto non conosciamo ancora a fondo le strategie replicative di questi particolari virus, inoltre non sappiamo se e come potranno modificare le loro strutture e, se lo faranno, in quanto tempo le mutazioni prenderanno piede.

In ultima analisi, i virus giganti rappresentano ancora un’incognita da un punto di vista di impatto ambientale, impartendoci una lezione che va troppo spesso dimenticata: l‘abuso delle risorse che il nostro pianeta ci offre ci porta a rimuovere il coperchio di molti vasi di Pandora, da cui scaturiscono minacce spesso inaspettate e che, soprattutto per questo, scuotono nel profondo le sicurezze dell’uomo contemporaneo, troppo spesso concentrato unicamente sul proprio ego. Il surriscaldamento globale, lo scioglimento dei ghiacci e l’emersione da questi di entità biologiche come i virus giganti sono solo alcuni, significativi esempi.

Vuoi approfondire lo studio dei virus? Leggi questo articolo sui virus HIV mutanti



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