Giovedi, 25 aprile 2024 - ORE:18:36

Le chiavi delle abitudini

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Chiudere la macchina, così come prendere le chiavi di casa, chiudere il gas e altri mille comportamenti sono azioni abituali, cioè azioni che compiamo talmente spesso che il cervello, e il corpo, eseguono in maniera quasi inconsapevole.

Dove nascono le nostre abitudini?

Ai comportamenti abituali è dedicata una serie di circuiti appositi all’interno del nostro cervello, permettendo così di risparmiare energia e altre connessioni neuronali per compiti che richiedono tutta la nostra attenzione.

L’esperimento

Il gruppo di ricerca di Ann M. Graybiel e Kyle S. Smith  è riuscito, basandosi anche su esperimenti compiuti in passato, a identificare il circuito neurale responsabile della formazione e quindi esecuzione di un comportamento abitudinario.

Essi hanno messo dei topi all’interno di un labirinto a forma di T, in cui alle due estremità della “sbarra orizzontale” erano posti acqua zuccherata o cioccolata: a seconda del segnale acustico che ricevevano da parte degli sperimentatori, i topi dovevano girare a destra o a sinistra. Registrando l’attività neuronale di varie parti della corteccia dei topi, i ricercatori sono riusciti a chiarire il funzionamento del circuito di formazione delle abitudini: i comportamenti abituali sono memorizzati come blocchi di unità, o chunk, che vengono messi in atto “senza pensarci”.

abitudini

(Immagine tratta dal sito “Le Scienze”)

Le regioni delle abitudini

Le due regioni principalmente coinvolte in questo processo sono lo striato, una regione situata nelle profondità cerebrali, e la corteccia infralimbica, situata nella parte anteriore del cervello o lobo frontale.

Quando i topi apprendevano il comportamento, l’attività dei neuroni dello striato era molto intensa, mentre diventava debole quando il comportamento era diventato abituale.

I ricercatori hanno notato però che un’altra regione cerebrale si comportava nel modo opposto, cioè la corteccia infralimbica: questa regione, infatti, si attivava in modo consistente solo quando il comportamento era diventato abituale.

La corteccia infralimbica agisce quindi come un regolatore delle abitudini: disattivando selettivamente i suoi neuroni nei topi addestrati a raggiungere una certa estremità della T si nota infatti che questi non acquisiscono mai l’abitudine che si è loro insegnata.

Le abitudini quindi non sono altro che blocchi di azioni sotto il controllo di una regione cerebrale, che per funzionare deve essere attiva: questo pone la base per future terapie mirate al controllo sia delle “cattive abitudini” che di patologie che si basano su queste.

“In genere le catene dell’abitudine sono troppo leggere per essere avvertite finché non diventano troppo pesanti per essere spezzate. (Samuel Johnson)”



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